mercoledì 29 settembre 2010

Le ragioni dell'Ortis

Dovrebbero vietare Foscolo al liceo.
Lo so, detto da me fa un po' ridere: mi sono sempre battuto contro la censura, contro frasi come quella con cui ho esordito. Non prendetemi sul serio, consideratela solo una provocazione, non intendo proporre veramente di togliere questo talentuoso poeta dal programma ministeriale.
Del resto, mina menti già destinate al declino, come la mia.
Leggendo e studiando Le ultime lettere di Jacopo Ortis mi sono reso conto che, se Jacopo si è suicidato poiché destabilizzato sia amorosamente sia politicamente, estromesso dalla vita civile, in esilio volontario, senza patria, schifato eppure nostalgico della sua terra, allora dovremmo proprio suicidarci tutti in massa.
Seduto sui gradini del municipio, aspettando il bus, mi sono guardato attorno e ho considerato che forse la scelta dell'Ortis è quella giusta. Può forse il singolo cambiare qualcosa? Può un uomo, senza né arte né parte, accogliere a sé orde di fedeli, fra folli e intellettuali, come fecero a loro tempo i vari Pitagora, i vari Socrate e Gesù Cristo? Internet è l'unico mezzo con cui ci possiamo esprimere, e tutti aprono le bocche in un muto grido. Grido, perché esasperato, e muto, perché inascoltato. Scriviamo, scriviamo, noi, mentre alla televisione intervistano solo chi conviene. Scriviamo, scriviamo noi, ma nessuno vuole togliersi il prosciutto dagli occhi.
Che vergogna. Come uomo posso sentirmi realizzato, se non contribuisco a rendere il mondo un posto migliore? Alcuni ci provano, ma siamo sempre pochi e, come detto, passiamo in sordina. Mentre ragazzotti senza cervello parlavano di sciocchezze, ridotte ad un sordo chiacchiericcio alle mie orecchie, fra un Gekka no Yasoukyoku e un Syunikiss, ho capito che, se morirò, almeno non lo farò vanamente.
No, voglio ancora sperare.
Non posso forse essere sicuro che cambierò il mondo, ma nessuno certo l'ha cambiato restandosene in panciolle di fronte alla tv, o suicidandosi in camera propria.
Mi fanno ridere quelli che passano il tempo a lamentarsi e non fanno niente per cambiare le cose, ancor di più di quelli che, testardi, cercano di non vedere la verità. Questi ultimi sono dei muli, ma i primi peccano di pigrizia. Se credessero veramente nei loro ideali farebbero di tutto per conseguirli. Evidentemente a loro le cose vanno bene così. Tutt'altra musica coloro che si disinteressano della patria natia ed emigrano: hanno solo fatto la cosa giusta. Stanchi di un posto non conforme alle loro esigenze, fuggono. Esilio volontario, tanto per rimetterci al caro Foscolo. Anche questa è una forma di protesta.
Peccato che, per calmare la fuga di cervelli, abbiano deciso di dare dei posti a chi lavora fuori.
Ma come?
Un conoscente è tornato con la famiglia dalla Svizzera (se non erro) dove aveva una bella carriera, poiché gli avevano offerto un lavoro in Italia. Vuoi per nostalgia, vuoi per idiozia, è tornato. Un anno di lavoro, il tempo di indebitarsi per comprare una casa: scaduto il contratto. Del resto, abbiamo fatto tornare i cervelli col miraggio di una carriera, il lavoro l'hanno fatto.
A questo conoscente ho detto: ben ti sta, idiota.
Consiglio agli esuli: non tornate sui vostri passi. La nostalgia tinge di rosa la nube del giorno più nera.
E dopo aver inserito, giustamente, Pascoli, tolgo il disturbo.

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